C'รจ voluto un cancro by Alice Spiga

C'รจ voluto un cancro by Alice Spiga

autore:Alice Spiga [Spiga, Alice]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ultra
pubblicato: 2023-03-12T23:00:00+00:00


Una manna dal cielo

La mattina dopo, a digiuno da più ore di quanto mi sia mai capitato nella vita, dopo un intervento e una notte praticamente insonne, mi stupii nel sentirmi piena di energia. Non avevo sonno e non tolleravo più di restare confinata in un letto. Volevo alzarmi, andare in bagno da sola e, soprattutto, volevo mangiare.

La fame mi aveva tenuto compagnia per tutta la notte e sognavo una colazione da albergo a cinque stelle con pane tostato, prosciutto affumicato, uova strapazzate e cornetti caldi straripanti di marmellata alle pesche e ricoperti di burro fuso. Non era certo la colazione prescritta dal nutrizionista, ma ero a digiuno da più di ventiquattro ore e nella mia testa stavo già progettando piani per evadere dalla prigionia della stanza e infiltrarmi nelle cucine della clinica.

Presi il telefono e guardai l’ora: sette e trenta. Avevo – per l’ennesima volta – lo stimolo ad andare in bagno, così chiamai l’infermiera. Quella che si presentò sulla porta era alta e un po’ mascolina, con spalle possenti da lottatrice. Mi salutò tutta cordiale e pensai: «Non poteva esserci lei questa notte, invece di Miss Lurch?».

Le dissi: «Ho bisogno di fare pipì, ma vorrei alzarmi, se posso».

Lei prese la mia cartella clinica e propose: «Se se la sente, sì, possiamo alzarci».

Disse proprio «alzarci», come se anche lei avesse subito un intervento e avesse ricevuto il permesso di alzarsi insieme a me. Prima mi fece sedere sul letto per vedere se mi girava la testa, poi mi aiutò a infilare le ciabatte e mi alzò in piedi. Mi tenne per un po’, lasciandomi il tempo di saggiare il mio equilibrio, poi mi lasciò. Chiese: «Sente la testa girare?»,

Mi stupii di sentirmi, tutto considerato, in forze. Andai in bagno con passo incerto, come se non potessi credere io stessa che il mio fisico avesse retto al digiuno prolungato, all’anestesia, all’intervento, alla notte senza riposo.

Quando tornai dal bagno l’infermiera era ancora lì. Mi chiese di nuovo se andava tutto bene, poi mi disse: «Tra poco le portiamo la colazione».

Mi rimisi a letto. Avevo il fiato corto e il cuore accelerato come se avessi fatto una corsa, però non mi sentivo stanca.

Presi il telefono e chiamai Alberto.

«Come stai?», esordì, senza neanche dire «pronto» o «buongiorno».

«Mi hanno appena alzato, sono andata in bagno da sola e tra poco mi portano da mangiare. Sto morendo di fame».

«Vedi? Tu che eri tanto preoccupata. Sei più in forma di me».

Il dolore pulsante che sentivo sotto il seno e il fiato corto suggerivano il contrario, ma evitai di puntualizzare.

Gli raccontai la notte quasi insonne che avevo trascorso, poi vidi entrare il vassoio con la colazione e lo salutai: «Appena so a che ora mi dimettono, ti dico qualcosa».

Lui disse solo: «Mangia e bevi lentamente, non si sa mai».

Mi misi a sedere un po’ meglio e scoperchiai la colazione: una piccola tazza di tè, quattro biscotti senza lattosio (al momento dell’accettazione avevo fatto presente che sono intollerante), due fette biscottate e una piccola marmellata, di quelle che si trovano negli alberghi.



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